A. Bonelli, B. Cassi, A. Del Prato, S. Siviero,
L'Ottovolante, Milano, Edizioni Unicopli, 2007
Quando si vuole affrontare un percorso di insegnamento della Lingua Italiana tramite la
metodologia ludica non si può prescindere né dalla struttura metodologica fornita da accurati studi di Linguistica e Pedagogia, né dall’esperienza pratica che gli insegnanti acquisiscono ogni giorno nelle nostre scuole. Proprio le autrici di questo valido testo provengono, attraverso percorsi differenti, dal mondo dell’insegnamento. L’esperienza delle autrici inizia con l’accoglienza nelle scuole di ragazzi stranieri e di soggetti portatori di handicap. Da questo stadio iniziale hanno compreso come le strategie ludiche di insegnamento potessero essere fertile humus di per l’apprendimento di tutti i discenti. Questo è un aspetto ricorrente nelle ricerche sui metodi di insegnamento della lingua: una soluzione applicata ad un caso particolare può svelare un risultato in virtù del quale la stessa strategia può essere adattata a situazioni di portata generale. L’ottovolante è un gioco nel vero senso della parola perché la portata ludica di questa idea non è meramente ricreativa, ma la gratificazione della scoperta porta gli alunni a disporsi in un atteggiamento di grande ricezione di contenuti linguistici e culturali che potranno spendere nel loro percorso formativo e nella loro vita comunicativa. «La forza formativa del gioco risiede nella sua stessa “serietà” sostanziale, in quanto può funzionare da telescopio straniante per osservare la realtà, facendo capire, come osservano acutamente le autrici, che vengono prima i giocatori e poi il gioco, quindi prima le persone e poi la vita e dunque prima l’intercultura e poi le culture»(1).
Questo gioco prevede tanti oggetti didatticamente “magici” tra cui una valigia sonante che certamente crea quello che le autrici definiscono un coup de thèâtre. La carta vincente dell’Ottovolante è il fatto che le prime a mettersi in gioco sono state proprio le autrici, facendosi trascinare nel «gioco dell’infinito».
Quest’ultimo è veramente un gioco didattico perché per la sua realizzazione sono previste delle ore di laboratorio. Quest’ultimo non è un’entità separata dal resto dell’azione didattica, ma può essere sempre fonte di spunti e di agganci per condurre la riflessione durante le ore curriculari. Nel gioco sono contenuti diversi materiali come carte, schede, campanelli, ma l’oggetto forse più interessante ed intrigante è il tavoliere a forma di infinito (un otto rovesciato) che testimonia la forza coinvolgente del gioco. Quest’ultimo prevede diverse attività: disegno, mimo, sensorialità, ma anche giochi linguistici come anagrammi, parole omovocaliche ed altri. Tra i risultati ottenuti alla fine del gioco, le autrici, oltre a riscontrare una maggiore comprensione di argomenti trattati nelle ore curriculari hanno constatato un maggiore affiatamento tra i membri della classe ed una totale sparizione dei fenomeni di intolleranza e di pregiudizi di ogni sorta. Questo dimostra quanto il gioco sia la strada sicura che dobbiamo percorrere affinchè gli enti di formazione possano seriamente rispondere alle necessità di una società che muta velocemente come quella odierna.
Giuseppe Interlandi
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(1) Giuseppe Interlandi, Tesi di Laurea: Dall'interlingua all'intercultura, Luglio 2009
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