E. Donato, C'era una volta. Il valore pedagogico della fiaba,
Catana, Siculorum Gymnasium, 2001
Il Prof. Ezio Donato, docente di Pedagogia generale presso la nostra Facoltà di Lettere e Filosofia, analizza in questo saggio il processo narrativo della fiaba e i suoi effetti sui bambini passando attraverso il campo dell'educazione. Si tratta di un saggio molto utile per riflettere su questioni che a prima vista possono sfuggire e che i docenti dovrebbero ben conoscere in quanto, come sappiamo, l'uso della tecnica didattica della narrazione è da sempre utilizzata in classe, porta numerosi frutti e ha ricevuto il merito di avere un alto valore educativo. Il narrare non è solo qualcosa che riguarda le fiabe e quindi bambini e scuola, ma anche la vita di tutti i giorni e di tutti gli individui. Noi narriamo anche quando ci sembra semplicemente di comunicare.
Il Prof. rimprovera coloro che attribuiscono alla narrazione il valore educativo in senso generale e a questo proposito fa la distinzione tra educazione in senso possessivo ed educazione in senso dativo. Il primo tipo di educazione coincide col risultato di un'azione, mentre parlando di educazione in senso dativo ci riferiamo a tutti i significati compresi nell'educazione (intesa come processo che collega due o più esseri umani mettendoli in comunicazione, in situazione di scambio e di reciproche modificazioni): è proprio questo secondo ambito quello in cui rientra la professionalità docente. Successivamente si passa ad analizzare il rapporto tra il narrare e il processo educativo: iniziare un bambino o un adolescente alla narrativa lo aiuterà a soddisfare il bisogno di diventare uomo grazie all'uso consapevole e creativo del linguaggio.
Un altro punto del saggio riguarda la distinzione dei tre modi di imparare attraverso tre forme di esperienza: quella diretta, quella mediata e quella dell'informazione codificata simbolicamente. I tre modelli di esperienza corrispondono a loro volta a tre forme di rappresentazione: rispettivamente attiva, passiva e simbolica. Nel primo caso impariamo da noi stessi, ovvero riceviamo in prima persona informazioni sensoriali da quello che facciamo. Nel secondo caso impariamo attraverso attività svolte da altri. Il terzo caso, invece, è quello dell'informazione trasmessa attraverso media come la parola scritta o parlata (la narrazione rientra quindi in questo tipo di esperienza che porta all'apprendimento).
Si passa poi ad analizzare la fiaba come tipo di narrazione in cui è più facile riconoscere gli aspetti psicologici necesssari per la costruzione e per la maturazione dell'identità soggettiva. Essa contiene tutti gli elementi tipici del narrare e affascina non solo per i contenuti, ma anche per le modalità recitative e interpretative della sua narrazione. La fiaba permette al suo fruitore di aprire l'immaginazione e immergersi in dimensioni fuori dal normale: non è un caso che l'ora della fiaba sia la sera, infatti il bambino che ascolta una fiaba poco prima di addormentarsi dà appuntamento nei suoi sogni ai personaggi appena conosciuti e la storia continuerà lì. La fiaba ha inoltre una morale che si pone agli antipodi dell'eperienza che facciamo ogni giorno del mondo degli eventi naturali e molto raramente il corso delle cose in essa corrisponde ad esigenze tipiche della morale istintiva. Sempre dal punto di vista pedagogico è analizzato l'incipit di ogni fiaba che si rispetti: quel C'era una volta... pone avvenimenti, stati d'aninmo e situazioni come qualcosa di necessariamente sconosciuto al fruitore e che è impossibile percepire come contemporaneo al momento del narrare.
Bellissimo saggio insomma che ci porta a capirne di più sul mezzo educativo che forse più di tutti è da sempre usato nella didattica della scuola italiana.
Carmen Oliva
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