A. Fasulo, C. Pontecorvo, Come si dice? Roma, Carocci, 1999
Il titolo del testo di Alessandra Fasulo e Clotilde Pontecorvo espone in modo succinto e altamente comunicativo le questioni fondamentali di cui si occupa questo libro nato da interessanti ed accurate esperienze di ricerca. La metodologia applicata è quella dell’analisi della comunicazione (AC) che consente di analizzare le strutture della socializzazione e dello sviluppo della lingua tramite l’osservazione reale. Questo è il fondamento di tale prospettiva, in quanto la socializzazione dipende dalla società in cui avviene. Essere consapevoli del ruolo che si riveste nello spazio comunicativo è l’elemento catalizzatore per lo sviluppo della vita linguistica e sociale. L’interazione dei ruoli è già fondamentale nella fase della lallazione. Finita la fase preverbale è possibile capire ancor di più quanto la lingua sia il centro di tutte le relazioni. Il lessico diviene, infatti, lo specchio dell’azione. La comunicazione è il nostro spazio vitale sin dalla nascita, basti pensare a quanto di comunicativo si può trovare nell’atto apparentemente semplice della suzione. L’elemento fondamentale di questa crescita è lo sviluppo dell’intersoggettività. Quest’ultimo segna l’ingresso nel mondo sociale che non può avvenire se non attraverso la conversazione con i pari e con gli adulti. Le autrici espongono in maniera esaustiva le caratteristiche dell’analisi conversazionale ribadendo la scientificità intrinseca alla stessa. Un aspetto che è fondamentale è la conoscenza dei criteri di trascrizione e questo testo si presta facilmente per una consultazione veloce di tutti i simboli e le convenzioni che la caratterizzano. Un altro dei concetti pregnanti di questo lavoro è quello di turno. L’analisi dei turni, di cosa significano, o meglio, di come vengono usati, consente di capire quali sono i meccanismi di negoziazione dello spazio comunicativo tra i parlanti. Oltre ai turni conversazionali una funzione preminente è affidata alle pause come indicatori di presa o continuazione di turno. È importante, infine, considerare anche la portata pragmatica e comunicativa delle sovrapposizioni che hanno tanto peso nell’organizzazione del sistema del turn-taking. Le autrici analizzano le interazioni conversazionali confrontando sempre diversi tipi di setting comunicativi: la famiglia, la scuola, i contesti amicali. L’interazione cambia anche a seconda dei partecipanti che vi prendono parte, in quanto la conversazione tra bambini è nettamente diversa da quella tra adulti o tra adulti e bambini. La comunicazione trova degli snodi fondamentali nelle categorie di pertinenza e rilevanza che consentono ai parlanti di omettere quelle informazioni ritenute “non importanti” ai fini del dialogo. Un aspetto fondamentale dell’interazione è quello definito dalle autrici e da altri studiosi come valutazione. È un metodo a disposizione degli attori della comunicazione per valutare le altrui categorie d’analisi della realtà. Vi sono valutazioni parziali o che si riferiscono ad un turno intero. La ricerca che ha dato luogo a questo testo intende spiegare scientificamente fenomeni conversazionali che appaiono insignificanti al comune parlante, ma che sono vere e proprie entità psicolinguistiche che consentono la vita sociale di ognuno di noi. Esistono, per esempio, sequenze comunicative che riescono a far sviluppare contesti altri rispetto a quelli di partenza di un’interazione. I segnali di riparazione, per esempio, servono a riformulare un turno per non sconvolgere “l’accettabilità” della risposta o del turno d’inizio. Queste strutture determinate e sequenziali sono presenti anche nell’ambito dell’interazione scolastica; basti pensare a quello che molti studiosi, tra cui anche Gabriele Pallotti, definiscono parlato triadico o tripletta, consistente in una domanda dell’insegnante a cui segue una risposta dell’alunno che viene ripresa da un commento dell’insegnante che ha spesso carattere valutativo. Sinclair e Coultard distinguono tra IRE (initiation, response, evaluation) e IRF (initiation, response, follow up). I due tipi di interazione differiscono esclusivamente per il terzo elemento che, nel secondo caso, dà luogo a indagini e scoperte metalinguistiche realizzate dall’insegnante e dai discenti insieme. Dopo aver chiarito approfonditamente tutte le strutture comunicative che entrano in gioco nella vita sociale, le autrici concludono il testo parlando di un altro aspetto importante di cui non ci accorgiamo nella quotidianità: l’uso poetico della lingua. La funzione poetica, ci insegna Roman Jakobson, è l’elemento vivificante della lingua in quanto propone modi linguistici inusitati. Proprio questo aspetto è fondamentale per introiettarsi in una prospettiva ludica di conversazione e di apprendimento. Freud ci dice degli effetti poetici e di gioco presenti nel parlato dei bambini. Questi ultimi riescono ad affrontare argomenti “seri” cercando nuovi modi conoscitivi tramite momenti di gioco linguistico come le false etimologie, i giochi fonici e la sovversione dei significati e dei significanti. L’impostazione di questa ricerca e del relativo testo risulta essenziale per la comprensione di fenomeni linguistici e sociali che si inscrivono in contesti sempre più reticolati e dispersivi come quelli dell’odierno vivere quotidiano.
Giuseppe Interlandi
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