mercoledì 30 settembre 2009

Scrittura e scritture: una competenza trasversale complessa.


M.L. Jori,
Scrittura e scritture: una competenza trasversale complessa,
(in Insegnare n°1, 2005, mensile del Centro di Iniziativa Democratica degli Insegnanti – CIDI)







L’articolo, tratto da un capitolo sulla scrittura che è stato pubblicato in un Quaderno del Cidi di Torino (2003), si compone di quattro parti basate su quello che è il concetto di scrittura e sulla sua importanza nella scuola di oggi:
  1. Pensare per scrivere e scrivere per pensare;
  2. Articolo e saggio breve: orizzonti di pensiero diversi;
  3. Descrivere la scrittura per educare il pensiero;
  4. Distinguere tra descrivere e valutare i testi scritti.
Nella prima parte si mette subito in evidenza quello che è il rapporto tra il pensare e lo scrivere. Le due cose vanno di pari passo: non è un caso infatti che la scrittura venga oggi vista come competenza complessa e allo stesso tempo trasversale. Dal tradizionale insegnamento normativo della grammatica si è passati – a partire dagli anni settanta – al principio di educazione linguistica: la lingua si impara attraverso l’esercizio attivo delle sue varietà. Quella categoria di insegnanti che ha saputo reagire davanti a questo forte cambiamento ha imparato a basare l’insegnamento della comunicazione scritta sulle tecniche derivanti dalla linguistica testuale. La scrittura non è altro che un artificio usato per trasferire il proprio pensiero su carta e mettersi in rapporto con gli altri assumendo una propria identità; inoltre si sa che scrivere i proprio pensieri li rende più duraturi e intatti nella memoria degli altri. Ma, come dice la Jori, per poter scrivere bisogna innanzitutto saper pensare: il pensiero prima di tradursi in scrittura trova la sua origine nel linguaggio spontaneo tipico dell’oralità. Se osserviamo la prima prova degli esami di Stato vediamo infatti che si danno agli studenti dei contenuti informativi come stimolo dialogico alla produzione del pensiero che in un secondo momento porta alla stesura del tema stesso. Compito del bravo insegnante è quindi quello di fornire stimoli su cosa e su come pensare, cioè deve abituare al metodo critico.
Al secondo punto dell’articolo corrisponde una riflessione sulla differenza tra articolo e saggio breve – oggi facenti parte delle possibili tracce da svolgere nella prima prova degli esami di Stato – che come sappiamo sono entrambi basati sull’argomentazione. La sostanziale differenza consiste nel fatto che l’articolo commenta un fenomeno o un evento nella sua particolarità, nel tempo e nello spazio contestuale al momento della scrittura, mentre il saggio breve offre riflessioni in senso generale distaccandosi da quelle che sono le coordinate spazio-temporali di un determinato fatto o evento. Nonostante questo, a seconda di dove viene collocato il saggio breve, quest’ultimo può apparire sia come articolo sia come saggio.
La Jori passa poi in rassegna una distinzione tra l’acquisizione delle competenze in L1 e in L2. Nel caso della lingua straniera gli studenti devono impossessarsi di uno strumento linguistico, devono giungere a dominare il mezzo, a padroneggiare un codice oltre quello naturale. Lo studio della lingua materna, nelle forme di comunicazione orale o scritta, implica necessariamente l’educazione al pensiero. L’insegnante di Italiano nel nostro Paese si trova oggi a dover descrivere le capacità dei propri studenti nell’utilizzo della lingua scritta attraverso schede-guida per l’assegnazione di punteggi e voti. Questa novità, secondo la Jori, è stata introdotta per cercare di sopperire la scandalosa preparazione linguistica dei nostri insegnanti. L’origine in Italia dell’uso delle suddette scheda-guida si collega col fenomeno della globalizzazione: infatti è noto che così facendo ci siamo avvicinati alla scuola anglosassone e a quella francese che per primi hanno adottato tali criteri.
Per far si che il compito del docente di aiutare gli studenti a verificare i propri processi cognitivi venga portato avanti, è necessario che la produzione scritta degli allievi sia considerata – prima ancora di essere sottoposta a un’analisi valutativa – documento del pensiero dell’autore e bisogna farne una descrizione in modo da offrire all’alunno una sorta di rispecchiamento interpretativo del pensiero che li ha generati. L’insegnante solo così si mette in gioco come educatore del pensiero.
Carmen Oliva

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