mercoledì 30 settembre 2009

L’affascinante mondo dell’acquisizione del linguaggio. Le sorprendenti conquiste linguistiche del bambino dalla nascita sino ai tre anni


R.M. Golinkoff, K.H. Pasek,
Il bambino impara a parlare. 
L'acquisizione del linguaggio nei primi anni di vita,
Milano, R. Cortina, 2001


Il presente lavoro nasce da un’attenta e accurata osservazione del processo e di conseguenza sviluppo della capacità linguistica del bambino dal periodo di vita intrauterina fino ad arrivare all’età di tre anni. Questo libro non intende impartire lezioni su come far acquisire le regole grammaticali, ma si limita ad illustrare e consigliare le tecniche basate sulle teorie di grandi studiosi, che con il metodo dell’osservazione e della sperimentazione hanno fornito fino ad oggi notevoli strumenti alla ricerca in un settore così ampio e delicato. Tuttora lo studio sull’acquisizione del linguaggio presenta momenti di assoluto fascino segnati, però, da insenature ancora da scoprire e umanizzare. Nel libro “Il bambino impara a parlare” R. M. Golinkoff e K. H. Pasek trattano lo straordinario tema dell’acquisizione del linguaggio. Esso è la capacità, propria dell’essere umano, di comunicare emozioni, stati d’animo, pensieri, sentimenti. Tale capacità consente all’uomo di distinguersi dalle altre specie esistenti sulla Terra. Molti studiosi hanno fatto notevoli progressi nell’ambito delle ricerche riguardanti l’acquisizione del linguaggio. Uno di questi è Noam Chomsky, il quale per primo ha affermato che il linguaggio è una proprietà innata della specie umana, che viene influenzato dagli input linguistici forniti dall’ambiente circostante. Un altro grande studioso che ha ripreso le teorie chomskyiane è Peter Eimas, il quale, attraverso gli esperimenti della suzione, dimostra la capacità propria dei neonati di distinguere la propria lingua d’origine dalle altre. Ciò avviene sulla base del riconoscimento ritmico della lingua e non sui suoni. Entro gli otto e i dieci mesi di vita, invece, il bambino concentra l’attenzione su questi ultimi. Allo stesso modo, anche il feto è capace di percepire i suoni provenienti dall’ambiente esterno, a differenza di quanto sostenuto in passato. Questo avviene intorno al sesto-settimo mese di vita intrauterina, dove sin dal primo momento ascolta lo scorrere turbolento del flusso sanguigno e il costante pulsare del battito cardiaco materno. Tutto ciò lo stimola continuamente e permette che il feto si sviluppi fisicamente e mentalmente in modo armonico. William Fifer e Chris Moon sono stati i primi studiosi ad impiegare la tecnica della decelerazione della frequenza cardiaca, dimostrando che il feto è in grado di sentire la voce della propria madre. Tale capacità di riconoscimento prosegue anche dopo la nascita; il neonato è predisposto a cercare volti umani e, in seguito, ad imitarne le azioni ed elaborare piccole parti del linguaggio parlato. Questa riformulazione dà luogo al fenomeno della lallazione, che ha inizio intorno al sesto mese di vita, con semplici ripetizioni di sillabe o vocali (ma-ma-ma). In seguito si passa alla lallazione variata, che consiste nell’associazione di suoni più articolati (ma-da) che nel tempo daranno origine alla prima parola. Durante questo periodo l’adulto deve porre particolare attenzione alla fase dell’ascolto da parte del bambino, poiché è proprio questo il momento in cui inizia ad insediarsi il pericolo delle malattie, tra le quali bisogna ricordare l’otite, molto pericolosa in quanto la presenza del liquido nel condotto uditivo ostacola l’ascolto dei suoni prodotti dal bambino e dall’adulto e nei casi peggiori potrebbe dar luogo al fenomeno della sordità. All’età circa di undici-dodici mesi il bambino inizia ad indicare, oltre che con lo sguardo anche con il dito, gli oggetti che desidera. Nonostante nella fase preverbale esistano dei limiti, il bambino riesce a comunicare intenzionalmente tre aspetti fondamentali: rifiuto, richiesta e commento. Quest’ultimo, in particolare, ha luogo tramite l’interazione con l’adulto, al quale il bambino porge l’oggetto che tiene in mano. A sua volta l’adulto, dopo averlo afferrato ed espresso un commento, lo restituisce al bambino. Tale commento stimola la produzione verbale del bambino poiché arricchisce il suo vocabolario e lo pone in una situazione di vantaggio rispetto ad altri che non ricevono tale stimolo. Il primo stadio raggiunto è la formazione di proto parole, ovvero parole personali inventate, riconosciute soltanto dalle persone che stanno a stretto contatto col bambino. In seguito si passa all’utilizzo di parole legate al contesto, fino ad arrivare alle parole vere e proprie. In questo caso una stessa parola viene usata regolarmente per segnalare lo stesso significato. Nonostante il bambino abbia imparato a parlare non dimentica la gestualità acquisita in precedenza, in quanto essa rafforza il concetto che il bambino vuole esprimere. Tra i diciannove e i ventuno mesi il vocabolario del bambino è costituito da circa cinquanta parole. A partire da questo momento esso si arricchisce in modo sbalorditivo, raggiungendo la quota di nove parole nuove al giorno. Questa è la cosiddetta fase dell’ “esplosione del vocabolario” o “esplosione della denominazione” e costituisce una tappa fondamentale nel processo dello sviluppo lessicale. Un fenomeno importante da ricordare nell’ambito dell’acquisizione del lessico è quello delle sovraestensioni, consistente nel generalizzare parole familiari. Esse tendono a verificarsi in modo prevedibile in riferimento a tre aspetti; categoriale (il bambino potrebbe usare “papà” al posto di “mamma” o un determinato colore per indicare tutta la gamma di colori); analogico (il bambino utilizza, ad esempio, la parola “palla” per riferirsi ad un oggetto percettivamente simile, ad esempio un “uovo”); sovraestensione relazionale (utilizzata per indicare la relazione tra un oggetto presente ed uno assente, ad esempio il bambino, in presenza del lettino vuoto della sua bambola, potrebbe nominarla esprimendo in tal modo la relazione tra i due oggetti). Nella fase tra i diciotto e i ventiquattro mesi si sviluppa la cosiddetta “interpretazione ricca”, consistente nella capacità di associare due parole per esprimere un bisogno. Nonostante questo, la frase non è articolata in modo completo, in quanto il bambino omette preposizioni, articoli, congiunzioni, pronomi e in certi casi addirittura i verbi ausiliari. Il bambino è sistematico nei suoi errori e tutti omettono gli stessi elementi grammaticali. L’espressione di due parole combinate avviene soltanto quando il vocabolario del bambino si è arricchito di almeno cinquanta vocaboli. Bisogna sottolineare, inoltre, che ci sono tre elementi fondamentali del linguaggio che il bambino deve conoscere prima di imparare la madrelingua: trovare le parole, i sintagmi e le proposizioni nel linguaggio che sente; capire che le parole di una frase descrivono gli eventi del mondo; comprendere che una diversa disposizione delle unità all’interno di una frase modifica il significato di quest’ultima. Intorno ai ventiquattro-trentasei mesi, invece, si ha il passaggio da un linguaggio telegrafico a un discorso ininterrotto, dunque la frase diventa articolata e può essere costituita anche da venti parole. Al compimento del terzo anno di vita il bambino presenta una notevole padronanza di tutte le regole della madrelingua, infatti tale fase è stata definita “esplosione della grammatica”. Giunto a questo punto il bambino ha acquisito quella straordinaria capacità tipica dell’uomo, che gli consentirà di comunicare, esprimere, trasmettere, progettare o semplicemente scrivere idee, pensieri, sensazioni, parole per creare quel mondo nel quale ogni animale sociale si relazione seguendo il libero fluire del suo essere.
Federica Interlandi
Simona Zaccaria

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