venerdì 18 settembre 2009

I draghi locopei. Imparare l'italiano con i giochi di parole


Ersilia Zamponi, I draghi locopei. 
Imparare l'italiano con i giochi di parole,
Torino, Einaudi, 1986.


Quanto è importante imparare la lingua italiana giocando? Quanto è importante essere coinvolti nel processo di apprendimento della lingua? A queste fondamentali domande si può rispondere facendo riferimento al testo “I draghi locopei” di Ersilia Zamponi. Un libro che nasce all’insegna degli “esperimenti linguistici” di Gianni Rodari e, caso vuole, proprio a Crusinallo, una frazione di Omegna, la città sulle rive del lago d’Orta dove era nato lo scrittore. Ciò che sta alla base del testo è l’affermazione della necessità che lo studente scopra e solleciti i limiti delle proprie possibilità. I giochi di parole servono, appunto, a stimolare l’interesse degli allievi nei confronti della lingua, poiché guardare una parola per com’è fatta e trasformarla in una parola diversa implica saper vedere il mondo con occhi nuovi. Le parole, infatti, possono dire più di quel che sembrano dire. La creatività, naturalmente, occupa un posto fondamentale, dal momento che i giochi di parole prevedono esercizi quali lipogrammi, tautogrammi, anagrammi, che implicano non solo la riscrittura tramite parole esistenti, ma anche tramite l’invenzione di nuove ed affascinanti parole. Si scopre, in tal modo, una lingua capace di rinnovare, di reinventare se stessa. La sfida dell’enigma, la soddisfazione per un’invenzione linguistica, la sorpresa di una combinazione casuale…Giocare con le parole è come avventurarsi in un’entusiasmante caccia al tesoro, come afferma l’autrice, la quale diventa, in tal modo, insegnante che apprende mentre insegna, che fa della classe una comunità di ricerca e di apprendimento. Se infatti l’insegnante fa capovolgere il senso di una poesia siamo ben oltre il semplice gioco, poiché per rovesciarne il senso occorre prima capirlo. Giocare con le parole è l’unico modo possibile, davvero serio, per imparare ad usare, a possedere e, soprattutto, ad amare la lingua. Giocando con le parole si arricchisce il lessico, si impara ad utilizzare ed apprezzare il vocabolario, si sviluppa l’attenzione alla forma del linguaggio verbale. Tuttavia bisogna ricordare che il gioco è veramente tale se si motiva da sé, per il piacere che dà. Il piacere non dipende dalla facilità, bensì dal gusto che si prova nel mettersi in gioco, nell’accettare nuove “sfide linguistiche”. «La scuola come gioco, piacere, divertimento. In cui non solo si impara, ma si fa quello che gli scrittori di tutti i tempi hanno fatto, si capiscono le potenze bifide, esplosive nel linguaggio; e col linguaggio si esplorano i meandri della coscienza[1]».
Simona Zaccaria

[1] E. Zamponi, I draghi locopei, Einaudi, Torino, 1986, Presentazione (a cura di U. Eco).

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