M. Ferroni, Siamo seri, giochiamo! Ipotesi e percorsi di didattica ludica,
Bologna, CLUEB, 2004.
Col presente testo, l’autrice ci introduce in un tema ormai fondamentale nelle riflessioni sulle modalità di insegnamento e apprendimento in ambito scolastico: ciò che viene indagato è il ruolo del gioco nel processo di formazione, che si configura come ‘movimento’ che la persona attua per la ricerca di senso, per la comprensione. Infatti, la didattica può servirsi delle dinamiche del gioco e divenire efficace nel contributo alla formazione del senso.
Grazie all’attività ludica l’alunno aumenta la sua disponibilità alle attività scolastiche, riesce ad attivare più agevolmente i meccanismi cognitivi e si sente coinvolto in maniera attiva. In quest’ottica, l’autrice intende dimostrare come, impostando un rapporto alunno-insegnante in senso ludico, la didattica guadagni in efficacia. Infatti, pare necessario anche un ridimensionamento dei ruoli spesso troppo istituzionalizzati; l’alunno sperimenta, propone, partecipa anche in maniera autonoma, salvaguardando la propria ‘libertà’.
In maniera molto efficace, l’autrice, prima dell’inizio di ogni capitolo, pone dei quesiti (che lei stessa definisce una sorta di questionsbrainstorming) che ci accompagnano e guidano nelle riflessioni sui diversi temi e prospettive. Nel primo capitolo si parla del concetto di cooperatività ludica, che porta l’allievo alla consapevolezza del lavoro con gli altri e con l’insegnante. A scuola si viene a contatto col sapere, ed è proprio la difficoltà di tale incontro che richiede una figura guida, che deve servirsi più della mediazione che della trasmissione, ponendosi in atteggiamento ‘laboratoriale’ e facendo leva sulla propria capacità empatica e comunicativa. Tanto l’insegnante quanto l’alunno portano a scuola la propria esperienza e ne acquisiscono giornalmente proprio nell’ambiente scolastico, visto come luogo di possibilità e novità, importante anche per la formazione in relazione all’approccio con l’adulto e col gruppo. L’apprendimento diventa cooperattivo, realizzato anche grazie a strategie ludiche che di certo contribuiscono a motivare e coinvolgere l’allievo.
La seconda parte approfondisce le dinamiche d'inserimento della metodologia ludica nel contesto classe, in cui l’allievo non si sentirà più isolato ma sarà incentivato all’apertura e a confronto con gli altri. Considerando il concetto letterario di straniamento in ottica didattica, si può dedurre che il discente riesce ad avere maggior consapevolezza del concetto appreso grazie proprio alle pratiche che divergono dagli usuali metodi d'insegnamento, creando nuove suggestioni che incidano maggiormente sulla sfera cognitiva.
Viene discussa anche l’importanza della cornice ludica, che contribuisca a instaurare un clima di rilassatezza, e che riguarda l’interazione con cose, titoli, spazi etc. in modo che la scuola non venga più intesa come ambiente ostile e istituzionale ma come luogo di curiosità e attività piacevoli. La possibilità di affinare, attraverso il gioco, le capacità organizzative (ricomposizione e memorizzazione) quelle cognitive (comprensione esecuzione applicazione) e rappresentative (saper pensare e intervenire) ci viene mostrata dall’autrice tramite numerosi esempi di giochi da poter realizzare in classe.
Per quanto riguarda il rapporto gioco-alunno viene fatto notare come questo, in relazione all’insegnante, manifesta la volontà di contare qualcosa, ha bisogno di conferme e valorizzazioni; vuole dare un orientamento alla propria persona. In ciò il ruolo dell’insegnante diventa sempre più fondamentale, sempre che le parti si pongano, l’una verso l’altra, in posizione di apertura, riconoscimento e confronto.
Il sapere, come ricorda l’autrice, va costruito insieme e la relazione educativa va improntata su possibilità e positività, in modo che il bambino si senta “trattato” e le sue potenzialità vengano riconosciute. In tutto questo, il ruolo del gioco diventa rilevante, ponendosi come tentativo di risposta e conoscenza del reale, ma anche espressione di Sé. Il bambino può sperimentare una situazione concreta, riconoscendo le sue capacità e i suoi limiti, mentre il docente può aiutarlo a capire le sue doti e a superare le difficoltà. Non perdendo mai di vista l’importanza del contesto classe, bisogna riconoscere che la dimensione individuale, in questo stadio, diviene primaria. Sarà poi il gioco ad aprire al rapporto con gli altri e a favorire la cooperazione e la collaborazione.
L’ultima parte del testo si sofferma sul ruolo del gioco: non tutti i giochi hanno le stesse potenzialità didattiche e possono far leva sul potenziamento di alcuni aspetti piuttosto che di altri. Infatti, alcune categorie di apprendimento appaiono più sensibili all’applicazione dell’attività ludica; esempio di risultato efficace può essere considerata la costruzione della conoscenza o l’esercitazione della memoria.
L’autrice passa in rassegna diversi giochi, spiegandone il campo di applicazione e quale aspetto dell’apprendimento dell’allievo riesce potenziare. Tra le diverse metodologie e tipologie di giochi, un ruolo centrale è conferito al Role Playing, che viene approfondito in maniera dettagliata in tutti gli eventuali passaggi, in modo da conferire, a chi volesse approcciarsi al mondo della didattica ludica, strumenti validi e concreti.
John Loren Broomall
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