mercoledì 30 settembre 2009

Talking to children: language input and acquisition: papers from a conference.

Parlare ai bambini. Linguaggio degli input e acquisizione.
Quaderni dalla conferenza patrocinata dal 
comitato sulla Sociolinguistica e le Scienze Sociali.



Edito da Catherine E. Snow e Charles A. Ferguson - Cambridge University Press
Consiglio di Ricerca (USA).


Del presente testo, alcuni capitoli in particolare ci appaiono rilevanti e interessanti per la riflessione sulle tematiche e gli argomenti da noi attenzionati:

8. Jean Berko Gleason - Parlare ai bambini: alcune note sul feedback.
Nel saggio l’autore riflette su come il bambino non acquisisca il linguaggio da solo; il processo di acquisizione, infatti, richiede più canali da cui derivino gli input: uditivo e visivo.
Il linguaggio dei genitori ha delle caratteristiche largamente prevedibili; così come c’è universalità nel linguaggio dei bambini è dunque possibile che ce ne sia in quello a loro diretto. L’acquisizione del linguaggio è un processo interattivo che richiede non solo un bambino con appropriate capacità neurologiche in stato pronto e attivo, ma anche una persona più grande che s’impegni in scambi comunicativi con questo. Anche il linguaggio dell’adulto ne sarà influenzato: esempio ne sono le tipiche espressioni ripetute della madre quando si rivolge al proprio figlio.
Nel testo il ruolo del feedback nella conversazione bambino-adulto è stato indagato mediante visite presso scuole elementari (es. Palo Alto, California). Diversi studi hanno dimostrato come il linguaggio della madre contenga speciali elementi atti a facilitare l’acquisizione della lingua da parte del bambino: ripetizioni o frasi semplici e corrette limitate ad argomenti che riguardino il qui e ora ne sono un esempio. Naturalmente ogni persona che si rivolge a un bambino modifica il suo modo di parlare, non solo la madre.

9. Charles A. Ferguson – Baby talk come registro semplificato.
L’autore fa notare come in ogni comunità parlante vi sia un particolare modo di parlare ai bambini, che differisce più o meno sistematicamente dalla normale forma di linguaggio usata dagli adulti. Questo speciale registro è spesso chiamato baby talk, uno tra i diversi registri utilizzati in particolari situazioni riguardanti, ad esempio, la comunicazione con uno straniero o con chi non sia, per un motivo o per un altro, in grado di comprendere la lingua nella sua forma comune.
La variazione di registro è distinta da una parte da quella regionale e sociale, dall’altra da quella idiosincratica e stilistica. Questo, in una comunità parlante, è definito dall’uso per cui risulta appropriato e da una serie di fattori strutturali che lo differenziano dagli altri registri nel repertorio totale della comunità.
Ferguson esamina, nell’ordine, la struttura del baby talk, i processi di semplificazione e chiarificazione, l’espressione e l’identificazione di tali processi, la variazione del BT e i suoi eventuali usi secondari.
Una parte pone l’attenzione sul rapporto tra BT acquisizione della lingua, asserendo che:
La struttura del BT è, come quella degli altri registri semplificati, una risposta al bisogno di migliorare la comunicazione nel momento in cui uno dei partecipanti ha abilità limitate nell’uso della lingua;
Vi sono funzioni che ritroviamo nella pratica d’insegnamento di una lingua;
Non vi sono funzioni linguistiche di socializzazione.
15. Allen D. Grimshaw - Il punto di vista di un sociologo.
L’autore esplicita le sue riflessioni riguardanti l’acquisizione primaria della lingua; in relazione al proprio ruolo di sociologo, pone l’attenzione su quanto il bambino riesca ad imparare al di fuori del proprio ruolo, sulle relazioni e sulla sua stessa identità.

16. Susan Ervin-Tripp – Il punto di vista di uno psicologo .
Per l’autrice il BT può essere esaminato da una varietà di prospettive: visto come input o stimolo linguistico rivolto a un bambino che si appresta ad acquisire una lingua, in questo caso descritto in termini di processo; visto come registro del repertorio di uomini, donne o bambini che parlano ai bambini; visto come linguaggio accomodante in cui alcune caratteristiche sono cambiate in relazione al risultato di aspettative e risposte riguardanti la comprensione da parte di chi ascolta.


John Loren Broomall


Nessun commento:

Posta un commento