giovedì 1 ottobre 2009

Insegnare l'italiano agli alunni stranieri.


G. Favaro, Insegnare l'italiano agli alunni stranieri, Milano, La Nuova Italia, 2008


Il testo che mi appresto a recensire si compone di dieci capitoli che propongono un excursus sul mondo dell'italiano per gli alunni stranieri attraverso l'analisi delle principali tematiche necessarie per affrontare uno studio dettagliato della didattica della nostra lingua come L2. È un testo ricco di approfondimenti, grafici, schemi, tabelle e schede di vario genere.
Protagonisti del discorso sono innanzitutto i bambini dell'immigrazione a scuola, bambini che presentano ognuno delle caratteristiche differenti (caratteristiche personali – età e motivazione – situazione linguistica, scolarità precedente, situazione familiare, contesto di inserimento sociale ed extrafamilare) al momento dell'arrivo nelle nostre classi e che si trovano a doversi inserire con molta probabilità in un ambiente scolastico nettamente differente da quello del proprio Paese sia per organizzazione della scuola sia per modello disciplinare e pedagogico sia per modalità di valutazione: tutto questo è ovviamente collegato alle difficoltà della prima fase di inserimento in cui è necessaria la figura del facilitatore di apprendimento, figura che deve essere ricoperta da tutti i docenti di tutte le discipline.
La Favaro analizza poi il contesto di apprendimento: inizia con una breve analisi di come i sistemi scolastici di quattro realtà europee si aprono ai figli degli immigrati e li confronta con l'accoglienza fatta nelle nostre classi attenzionando quella parte della normativa riguardante il tema dell'apprendimento/insegnamento della L2. Dopo la teoria viene fatto un quadro generale sulla pratica: si elencano le modalità organizzative di inserimento degli alunni neoarrivati, le figure che hanno il compito di insegnare la L2 e poi si passa alla descrizione delle nuove figure professionali – facilitatori e mediatori linguistico-culturali. Vengono poi elencate e descritte le principali teorie acquisizionali di Cummins, Krashen e Schumann con le relative indicazioni didattiche.
Segue poi la descrizione delle varie tappe dell'interlingua (sistema linguistico che sta fra la L1 e la L2) – fase prebasica, fase basica e fase postbasica –, la descrizione delle influenze che può avere la lingua materna sull'apprendimento della nuova lingua e viene riportato a questo proposito il risultato di una ricerca (attiva sin dal 1986) portata avanti dall'Università di Pavia che si proponeva di osservare le varietà di italiano parlate da stranieri e la loro evoluzione linguistica (con particolare attenzione al sistema verbale e al nome).
È chiaro che di fronte alle esigenze dei singoli utenti stranieri la scuola deve adottare le metodologie che più di altre possano soddisfarli portando a grandi e graduali risultati. La scelta dei metodi a cui rifarsi è molto vasta: approccio grammaticale o approccio comunicativo? La Favaro dedica un intero capitolo alla descrizione dei vari approcci metodologici in modo da facilitare la scelta ai docenti che spesso fanno confusione tra i vari metodi o ne conoscono davvero pochi e rischiano di restare tradizionalisti nel senso più vero della parola. È anche vero che si può utilizzare un metodo composito e nel quinto capitolo del testo si trovano dei consigli su come procedere in questi casi evidenziando i metodi più diffusi.
Nei due capitoli che seguono si risponde a due interrogativi particolarmente pressanti negli ultimi anni, ovvero come sviluppare la nuova lingua per comunicare e per studiare. A tal proposito vengono presentati dei suggerimenti, delle proposte operative e delle indicazioni didattiche già sperimentate e che hanno alla base esperienze condotte in scuole multiculturali e plurilingui. L’ordine dei due capitoli segue una logica precisa: prima che il bambino possa studiare nella nuova lingua deve capire cosa legge o sente e dunque deve saper comunicare. Nei primi giorni il bambino tende a restare in silenzio, si isola, ma in realtà sta cercando di capirne di più (fase di pre-produzione e di silenzio), poi passerà a delle iniziali produzioni in lingua e infine arriverà alla produzione spontanea. In tutto questo percorso è necessario che il docente si accosti al bambino con i giusti mezzi e con delle modalità di interazione specifici al singolo caso. Arriva poi l’ostacolo più grande da superare: lo studio delle discipline in L2 che ovviamente prevede l’acquisizione di un lessico specifico talvolta nettamente distante dalle parole di uso comune. In questo caso il docente devo provvedere alla semplificazione testuale e spesso dà risultati più soddisfacenti l’uso della multimedialità e quindi una “traduzione” da parte del docente della carta stampata in materiale multimediale.
L’ottavo capitolo si occupa della valutazione formativa che serve per regolare e rivedere la proposta didattica in modo tale da adattarla al singolo studente, alle sue capacità più o meno sviluppate, alle sue strategie di apprendimento. I momenti salienti del percorso di apprendimento della L2 che richiedono dispositivi e strumenti di valutazione e di osservazione sono tre: è necessaria infatti una valutazione durante la prima accoglienza per saperne di più sul neoarrivato, una valutazione in itinere durante le varie tappe del percorso di apprendimento e una valutazione di fine anno scolastico che impone di valutare la performance linguistica in L2 degli apprendimenti. Attraverso una tabella la Favaro ci suggerisce come affrontare una valutazione dello studente sotto i vari aspetti dell’apprendimento: ascolto, lettura, comunicazione orale e comunicazione scritta. Più avanti nel testo ci viene presentato un elenco di regole per costruire prove oggettive di valutazione. Un accenno viene inoltre fatto su quelle che sono le certificazioni di italiano per gli stranieri (It, Celi e Cils) ufficialmente riconosciute dallo Stato e sul Framework europeo per i livelli di competenza.
Gli ultimi capitoli sono dedicati più che altro a dei focus. Il nono capitolo descrive le caratteristiche di alunni stranieri che più di altri entrano nelle nostre classi: cinesi, arabofoni, albanesi e ispanofoni; vengono presentati i loro sistemi scolastici e linguistici e le possibilità di interferenza della L1 sui percorsi di apprendimento dell’italiano L2.
L’ultimo capitolo si apre a una riflessione su aspetti psicologici, identitari e culturali dell’acquisizione della nuova lingua nel contesto migratorio: si tratta insomma di uno sguardo sul tema dell’intercultura.
Carmen Oliva

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