giovedì 29 ottobre 2009

Quando la pronuncia diventa scrittura

M.T. Romanello, Quando la pronuncia diventa scrittura,
in Italiano e oltre, anno I, n°5, 1986, p. 226


L’articolo di Maria Teresa Romanello, pubblicato nella rivista “Italiano e oltre”, anno I, numero 5, 1986 è incentrato sul rapporto, a volte controverso, tra italiano e dialetto. Si tratta di un argomento alquanto delicato e molto dibattuto, dal momento che sino all’Unità d’Italia non esisteva, sul territorio italiano, una lingua unificante. Il problema si è verificato soprattutto nell’ambito scolastico, dove gli insegnanti si trovavano (e si trovano tuttora) a fare i conti con bambini dialettofoni. Il problema principale è costituito dall’interferenza della fonetica dialettale sulla grafia dell’italiano. Bisogna sottolineare, però, che sarebbe scorretto ritenere il sostrato dialettale responsabile di tutti gli errori di ortografia; infatti, molti tratti grafici ricorrenti negli elaborati dei ragazzi sono da attribuire ad una non completa padronanza delle regole grafiche convenzionali della lingua italiana. Ciò avviene perché l’italiano presenta alcune incongruenze; ad esempio usa più grafemi per lo stesso suono ( [c], [q] per il suono /k/ ) oppure più suoni per lo stesso grafema ( /s/ e /z/ per il grafema [s] ). Molti dei cosiddetti “errori” avvengono perché chi scrive tende a semplificare il sistema. I primi a subirne le conseguenze sono i tratti che hanno una pura funzione diacritica, ad esempio la lettera [h]. Le occlusive velari /k/ e /g/ davanti a vocale palatale si scrivono [ch] e [gh], davanti a vocale velare si scrivono [c] e [g]. In scriventi di classi elementari è frequente lo scambio tra elementi di questo sistema. Analogamente, bisogna tener presente il difficile rapporto con la norma quando ci si trova di fronte ai casi di agglutinazione e deagglutinazione. I tagli nell’enunciato vengono operati seguendo il criterio della trascrizione fonetica; così, ad esempio nell’agglutinazione, il bambino conglomera le parole che nella pronuncia sente strettamente legate (peresempio, aquestora, ecc.). Dunque risulta importante, per l’insegnante, l’analisi attenta delle scritture degli allievi. Tale analisi, finalizzata alla conoscenza delle carenze linguistiche degli alunni, sarà la base per la programmazione di interventi didattici mirati, per i quali risulta sicuramente interessante la consultazione del celeberrimo “Libro degli errori” di Gianni Rodari, in cui la correzione degli errori non avviene in base ad una noiosa ripetizione delle regole ortografiche e grammaticali poiché Rodari, come uno straordinario mago delle parole, sa far nascere il riso da ogni svista e mutare in gioco anche le regole più severe perché, come egli stesso diceva, «spesso gli errori non stanno nelle parole, ma nelle cose; bisogna correggere i dettati, ma bisogna soprattutto correggere il mondo».
Simona Zaccaria

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